Mercoledì 29 luglio 2020 ore 18:30 - Libreria IoCiSto - Presentazione Libro: "Bagnoli. L’ultimo casco giallo" di Giovanni Capasso
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26 Lug 2020
- Pubblicato: Domenica, 26 Luglio 2020 18:06
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Si presenta mercoledì 29 luglio 2020 (ore 18:30), presso la Libreria IoCiSto (Vomero, Piazzetta Fuga) Bagnoli. L’ultimo casco giallo di Giovanni Capasso, a cura di Giuseppe Pesce. Ne discutono con gli autori Antonio Bassolino, Mario Coppeto, Claudia Migliore, Enrico Viceconte; introduce e modera Gino Aveta.
Cos’è accaduto a Bagnoli negli ultimi trent’anni? Dall’ultima colata nel 1990 ai grandi progetti, fino al fallimento della Bagnolifutura. Cantieri, bonifiche, polemiche, occasioni perdute. Ma anche arte e letteratura, musica, cinema e ricerca. Dopo la grande storia industriale del Novecento, a Bagnoli hanno preso forma tutte le incertezze e le contraddizioni di un “tempo nuovo” che forse non siamo ancora riusciti a comprendere, se è vero che a Taranto sembra ripetersi un film già visto. Ce lo racconta Giovanni Capasso, che la fabbrica è riuscita a vederla mentre spegneva per sempre i suoi motori. E che anche se come ingegnere ha sempre portato il casco bianco, ha amato la storia di Bagnoli fino a considerarsi a tutti gli effetti un “casco giallo”. Battendosi, insieme a tanti altri, per salvare la memoria del “Cantiere”. Che non fu solo una fabbrica, ma una grande esperienza collettiva.
L’edizione a cura di Giuseppe Pesce, con un’intervista a Ermanno Rea (2012), è arricchita da numerose immagini e da una cronologia (1910-2010); ma soprattutto da una serie di contenuti speciali (44 QR-code), con materiali foto e video rari e inediti su Bagnoli raccolti da Capasso.
Ingegnere napoletano, classe 1956, Giovanni Capasso è stato l’ultimo assunto del centro siderurgico di Bagnoli. Responsabile dell’Archivio storico e dell’ Infobox (purtroppo distrutto), tra i soci fondatori del Circolo Ilva Bagnoli, è passato dall’ Italsider a Bagnoli Spa alla Bagnolifutura, fino al fallimento del progetto – e del sogno – di rilancio della grande area dismessa, simbolo dell’industrializzazione napoletana. Personalità eclettica ed entusiasta, ha unito la sua passione per il mare a quella per l’archeologia industriale, lavorando a numerose iniziative. È il protagonista del cortometraggio L’ultimo rimasto in piedi (2002) di Ugo Capolupo e compare tra i personaggi della Dismissione di Ermanno Rea, romanzo nato proprio tra le “carte” dell’archivio di Bagnoli.
Il CSV “Motore del Volontariato”, ma c’è chi li ritiene scomodi. Caprio (presidente CSV Napoli): «Pronti ad azioni legali per tutelare la nostra autonomia»
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24 Lug 2020
- Pubblicato: Venerdì, 24 Luglio 2020 12:16
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Alla luce della riforma del Terzo settore, sono avvenuti cambiamenti sostanziali nella vita dei CSV di tutta Italia. I centri di servizio per il volontariato, istituiti dalla Legge quadro sul volontariato n. 266/1991 come soggetti a supporto delle organizzazioni di volontariato, e da queste gestiti, al fine di sostenerne e qualificarne l’attività, nei primi 20 anni di attività, grazie allo sviluppo di una rete capillare composta da centinaia di sportelli e migliaia di servizi forniti gratuitamente, sono diventati un sistema che si può definire il “motore del volontariato italiano”.
Un sistema che ha ottenuto il suo pieno riconoscimento con il Codice del Terzo settore, il decreto più importante della Legge delega per la riforma del Terzo settore n. 106/2016. Una parte consistente del Codice infatti è dedicato ai Csv. La riforma ha previsto anche la sostituzione dei fondi speciali per il volontariato, su base regionale, con l’istituzione di un Fondo unico nazionale (Fun), e la costituzione di un Organismo nazionale di controllo (ONC) e delle sue articolazioni territoriali (OTC), con funzioni di indirizzo e controllo. Tra queste, l’amministrazione del Fun, l’accreditamento dei CSV, l’adozione di eventuali sanzioni in caso di irregolarità. È necessaria questa premessa per ben spiegare ai lettori l’importanza del sistema dei CSV in Italia, ma soprattutto il rapporto di collaborazione tra gli OTC e i CSV in Italia. Il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali il 27/09/2019 ha decretato l’OTC Ambito 12 “Campania e Molise” composto da rappresentanti delle fondazioni di origine bancaria, del Forum del Terzo Settore, dell’ANCI e rappresentanti delle Regioni Campania e Molise, con la presidenza di Rossella Paliotto.
«Bisognava cogliere questa sfida di cambiamento e di innovazione – spiega Nicola Caprio, presidente del CSV Napoli – per dare maggiore credibilità alle tantissime attività che la rete dei Csv organizzano e realizzano nei diversi territori per promuovere, valorizzare e sostenere il volontariato, un cambiamento culturale e una crescita in termini di competenze, nei tanti volontari impegnati nel Terzo settore e di coesione sociale nelle diverse comunità. Invece, ad oggi, esiste un dialogo monco con l’OTC, in particolare con la Presidente Rossella Paliotto, infruttuoso e irrispettoso delle reciproche identità. Un OTC incapace di costruire relazioni, ma solo una dimensione burocratica che ha ostruito la programmazione dei Csv nel 2020,». In tutte le regioni d’Italia è stata approvata, come di consueto, la programmazione delle attività per l’anno successivo inviata a dicembre 2019, mentre in Campania si è avuta una risposta in modo parziale solo a giugno di quest’anno, con continue richieste, quasi ostruzionistiche, di chiarimenti ed integrazioni che hanno disorientato le tante associazioni del Terzo Settore. Infine, viene così di fatto sottratta la possibilità di rimodulare la programmazione 2020 in emergenza COVID-19 per avviare una riflessione dinamica, complessa e innovativa per inserire il volontariato in una nuova traiettoria tecnologica. «Sei mesi di continue lettere – prosegue Caprio- anche di mancata trasparenza rispetto alla richiesta formulata su copie di alcuni verbali, in particolare, abbiamo appurato una disertata attenzione e capacità di ascolto, semplicemente per imporre una dimensione di burocrazia e di primato. Crediamo che ci siano troppe difficoltà nell’espletamento delle loro azioni e, sicuramente, non per colpa del periodo emergenziale COVID-19. Il CSV Napoli sta valutando, contro questi provvedimenti ingiustificabili dell’OTC, chiedendo fortemente anche l’intervento dell’ONC a questa situazione incresciosa, un’azione legale dinanzi a tutte le sedi competenti, chiedendo di tutelare l’autonomia e il funzionamento dei CSV per il bene del volontariato tutto».
Nicola Caprio
Sul fiume Sarno s’incontrano educazione ambientale e monitoraggio della Biodiversità
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13 Lug 2020
- Pubblicato: Lunedì, 13 Luglio 2020 11:17
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Nell’ambito del Progetto sostenuto da Fondazione CON IL SUD “ CuriAMO, ViviAMO, PartecipiAMO il Sarno” i ragazzi che con entusiasmo partecipano ai campi di volontariato e prevenzione dei rischi ambientali insidiano l’area incontrano gli zoologi dell’Ass. ARDEA per comprendere il monitoraggio della biodiversità che si sta svolgendo nel Parco, cimentandosi in prima persona in un censimento ornitologico.
Ai ragazzi del territorio viene illustrato il progetto coordinato da Legambiente Campania “ CuriAMO, ViviAMO, PartecipiAMO il Sarno” che prevede un monitoraggio capillare di fattori di disturbo e depauperamento del bacino fluviale come la plastica ed altri inquinanti studiati da CNR e Federico II ed una costante osservazione della componente biodiversità condotta dall’Associazione ARDEA incentrata prevalentemente sull’avifauna ma attenta a rilevare qualsiasi altro elemento di pregio o di minaccia caratterizzi la comunità vivente. Gli zoologi mostrano ai partecipanti i risultati ottenuti in questi mesi come le foto delle diverse specie di uccelli mai segnalate nel territorio del Parco Regionale del Bacino Idrografico del fiume Sarno come il Marangone minore (Microcarbo pygmeus) o raramente osservate come il Mignattaio (Plegadis falcinellus), l’Aquila Minore (Hieraaetus pennatus) e la rara Moretta Tabaccata (Aythya nyroca). Tali specie sono state censite durante la fase di svernamento o migrazione e la loro presenza è stata appurata per pochi giorni. Questi dati indicano chiaramente che il fiume è tuttora sorvolato e frequentato da una comunità di specie di particolare interesse conservazionistico che nelle condizioni giuste possono colonizzare o ri-colonizzare il territorio in cui insiste l'area protetta.
I ragazzi si cimentano anche in un vero censimento della comunità ornitica che in questo periodo nella zona delle sorgenti annovera circa 30 specie fra le quali il Torcicollo, Picchio rosso maggiore, Picchio verde, Upupa, Sparviere, Poiana Tortora selvatica, Gallinella d’acqua, Rigogolo Ballerina gialla. La vera star di questi incontri è: l’arvicola acquatica italiana (Arvicola italicus). Questo roditore acquatico estremamente elusivo e schivo, da bibliografia era noto in solamente per due località: Partenio e Garigliano. A queste due località ARDEA ha aggiunto una terza località Lago Laceno nel 2013 ed ora una quarta e preziosissima osservazione lungo le sponde del fiume Sarno.
Questa nuova segnalazione è particolarmente importante dal punto di vista conservazionistico, poiché aiuterà a comprendere meglio la distribuzione e l’ecologia di questa specie endemica italiana, ancora poco conosciuta, e dona al parco, spesso noto esclusivamente per le sue acque inquinate, una nuova specie impreziosisce il suo patrimonio faunistico.
Il monitoraggio effettuato da ARDEA fino ad ora sta dando risultati interessanti non solo sul fronte avifauna (il focus dei censimenti) ma anche rispetto ad altri altri taxa e soprattutto nel coinvolgimento della popolazione attraverso la Citizen Science e questi incontri di educazione ambientale in cui alcuni dei ragazzi hanno sottolineato la volontà di partecipare a titolo volontario alle giornate di lavoro sul campo per guardare attraverso gli occhi degli esperti il territorio in cui vivono attraverso il punto di vista degli animali che lo abitano.
A cura dell'Associazione Ardea
Contributi a fondo perduto: occasione per gli enti non profit
- Categoria: Informazione
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09 Lug 2020
- Pubblicato: Giovedì, 09 Luglio 2020 09:38
- Scritto da Editor
Il Decreto Rilancio ha stanziato più di 2,9 miliardi di euro. A questa misura potranno accedere anche gli enti non commerciali, che presentino determinate condizioni, mentre sono esclusi quelli che possiedono solo il codice fiscale. Ecco il calcolo e le indicazioni sulla procedura da effettuare. Per sostenere le attività economiche colpite dall’emergenza “Covid-19”, ecco la nuova misura del Governo Conte, presente nel Decreto Rilancio. Si tratta di una misura che dà la possibilità di richiedere un contributo a fondo perduto, come previsto dall’ex art.25 del decreto legge 34 del 2020 (D.L. “Rilancio”), che nelle prossime settimane sarà convertito in legge.
L’Agenzia delle Entrate, attraverso la Circolare 15/E del 13 giugno 2020 con il provvedimento del 10 giugno 2020 ha spiegato come poter usufruire di tale contributo e reso note le modalità per richiedere una somma a fondo perduto. Dal 15 giugno sono più di 890 mila gli ordinativi di pagamento, che sono stati emessi per un importo complessivo 2,9 miliardi di euro. Tutte le varie somme sono state accreditate direttamente sui conti correnti di imprese, commercianti e artigiani. Al 4 luglio si è toccata quota 1.208.085 di istanze di contributo a fondo perduto richieste da tutti gli interessati presenti sul territorio nazionale. Nell’apposita sezione dedicata a tale misura di sostegno, l’Agenzia delle Entrate spiega le modalità dì come scaricare e consultare la completa ed esaustiva guida operativa.
Chi sono i soggetti e quali sono le condizioni per poterne usufruire?
Il contributo può essere richiesto dai soggetti esercenti attività d’impresa e di lavoro autonomo e di reddito agrario, titolari di partita Iva, ad eccezione di quelli previsti dall’art.25, c.2 del Decreto “Rilancio”. Per ricevere il contributo i soggetti devono aver iniziato l’attività in data antecedente al 1° maggio 2020. Possono richiedere il contributo anche gli enti non commerciali previsti all’art.73, c.1, lett. c) del D.P.R. 917 del 1986 (cosiddetto Tuir), che però esercitano un’attività commerciale in via non esclusiva né prevalente, compresi gli enti del Terzo settore e gli enti religiosi civilmente riconosciuti. Non lo possono quindi richiedere gli enti non commerciali in possesso del solo codice fiscale, non svolgenti alcuna attività commerciale. Le condizioni affinché gli enti non profit possano accedere al contributo sono le stesse previste per le imprese, e cioè:
- un volume di ricavi commerciali nel periodo di imposta precedente a quello in corso al 19 maggio 2020, data di entrata in vigore del Decreto “Rilancio” (quindi 1° gennaio 2019-31 dicembre 2019, per i soggetti il cui periodo di imposta coincide con l’anno solare) non superiore a 5 milioni di euro;
- l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020 deve essere inferiore ai due terzi dell’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2019.
La Circolare 15/E del 13 giugno 2020 prevede anche degli specifici chiarimenti sulle modalità di determinazione del reddito, per determinare la soglia di cui al precedente punto 1), oltre che in relazione al calcolo del fatturato e dei corrispettivi di cui al punto 2). Tutti gli enti che hanno iniziato l’attività a partire dal 1° gennaio 2019 e quelli con domicilio fiscale o sede operativa nel territorio di Comuni che già versavano in uno stato di emergenza al 31 gennaio 2020 (eventi sismici alluvionali o crolli di infrastrutture), hanno diritto al contributo anche se manca il requisito relativo al calo del fatturato. In questo caso, resta fermo il limite dei 5 milioni di euro nell’esercizio precedente. Per tutti questi soggetti, nel caso in cui l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi di aprile 2019 fosse pari a zero, sarà garantito comunque il contributo minimo, come previsto dall’art.25, c.6 del Decreto “Rilancio”. Questo contributo minimo è pari a 2.000 euro per gli enti giuridici. La lista dei Comuni, è contenuta nella tabella in calce alle istruzioni per la compilazione, prevista nell’apposita sezione del sito dell’Agenzia delle Entrate.
Le modalità di calcolo del contributo a fondo perduto
Come si calcola il contributo a fondo perduto che spetta ai soggetti beneficiari? A spiegarlo è il comma 5 dell’art.25 del Decreto “Rilancio”, dal quale si deducono le modalità che devono essere seguite anche dagli enti non profit che presentano i requisiti per fare richiesta. Il contributo spettante è calcolato applicando una percentuale alla differenza tra l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020 e l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2019. La percentuale applicabile è stabilità in base al volume dei ricavi relativi al periodo di imposta precedente a quello in corso al 19 maggio 2020, data di entrata in vigore del Decreto “Rilancio” (quindi il periodo sarà il 1° gennaio 2019-31 dicembre 2019, per i soggetti il cui periodo di imposta coincide con l’anno solare), secondo tale schema:
- il 20 %, se i ricavi o compensi sono stati minori o uguali a 400.000 euro;
- il 15 %, se i ricavi sono stati superiori a 400.000 euro e minori o uguali a 1.000.000 di euro;
- il 10 % se i ricavi sono stati superiori a 1.000.000 di euro e minori o uguali a 5.000.000 di euro.
Per chiarire quanto detto, si riportano 3 esempi, redatti da Daniele Erler nell’articolo per Cantiere Terzo Settore:
ESEMPIO 1
Associazione che nell’anno 2019 ha conseguito ricavi commerciali per un importo di 320.000 euro e che ad aprile 2019 ha contabilizzato ricavi per 60.000 euro contro 10.000 euro nell’aprile 2020. Il contributo è pari al 20% della differenza di 50.000 euro, per un importo di 10.000 euro.
ESEMPIO 2
Associazione che nell’anno 2019 ha conseguito ricavi commerciali per un importo di 750.000 euro e che nell’aprile 2019 ha conseguito ricavi per 120.000 euro contro 30.000 dell’aprile 2020. Il contributo è pari al 15% della differenza di 90.000 euro, per un importo di 13.500 euro.
ESEMPIO 3
Associazione che nell’anno 2019 ha conseguito ricavi commerciali per un importo di 2.000.000 di euro e che nell’aprile 2019 ha conseguito ricavi per 300.000 euro contro 60.000 dell’aprile 2020. Il contributo è pari al 10% della differenza di 240.000 euro, per un importo di 24.000 euro.
I termini e le modalità per presentare la domanda
I termini e le modalità di presentazione dell’istanza per il riconoscimento del contributo a fondo perduto, sono stabiliti e previsti all’intero del provvedimento firmato dal Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 10 giugno 2020. L’istanza può essere compilata ed inviata all’Agenzia delle Entrate a partire dal 15 giugno 2020 e non oltre il 13 agosto 2020. Nel caso in cui il soggetto richiedente, sia un erede che continua l’attività per conto del soggetto deceduto, in questo caso le istanze possono essere inviate a partire dal 25 giugno e non oltre il 24 agosto. L’invio delle istanze dovrà avvenire con modalità telematiche, attraverso i canali dell’Agenzia delle entrate o in alternativa attraverso il servizio web disponibile nell’area riservata del portale “Fatture e Corrispettivi” del sito internet dell’Agenzia delle entrate. L’istanza che può essere trasmessa anche attraverso l’ausilio di un intermediario abilitato (vedi C.A.F. o commercialista).
Ogni istanza dovrà essere corredata di questi dati:
- il codice fiscale dell’ente che richiede il contributo e del suo rappresentante legale;
- l’Iban del conto corrente su cui accreditare la somma, intestato o cointestato al soggetto che richiede il contributo;
- tutti i dati necessari a determinare la spettanza e l’ammontare del contributo, tra i quali il fatturato e i corrispettivi dei mesi di aprile 2019 e aprile 2020.
- Come già detto in precedenza, nell’apposita sezione del sito dell’Agenzia delle Entrate è comunque possibile trovare tutte le informazioni e la modulistica relativa alla presentazione dell’istanza di contributo.
Natura del contributo fondo perduto e concorso alla formazione del reddito
Come stabilito nella Circolare 15/E del 13 giugno 2020, il contributo in questione è un contributo in conto esercizio. Questo viene erogato ad integrazione per tutti i mancati ricavi registrati dal contribuente a in seguito alla crisi causata dalla diffusione del Covid-19. Il contributo non forma la base imponibile ai fini delle imposte dirette, ma soprattutto non assume rilevanza nella determinazione della base imponibile dell’imposta regionale sul valore aggiunto (Irap). In più, non incide sul calcolo degli interessi passivi deducibili come stabilito anche dall’art. 61 del Tuir, e sulla deducibilità dei costi diversi dagli interessi passivi come stabilito dall’articolo 109, comma 5 del Tuir.
Workshop - Le comunità dei fiumi. Racconti di esperienze, approcci e strumenti dal Sacco al Sarno
- Categoria: Informazione
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27 Mag 2020
- Pubblicato: Mercoledì, 27 Maggio 2020 09:49
- Scritto da Editor
Per il ciclo dei workshop targati Legambiente all'interno del Progetto CuriAmo, ViviAmo, PartecipiAmo il Sarno ‘’Racconti di esperienze, approcci e strumenti” si è svolto il meeting Le comunità dei fiumi: dal Sacco al Sarno. Un incontro che ha messo in luce i problemi ‘purtroppo’ simili tra i due fiumi.
Gli sversamenti illegali nei fiumi sono un problema non solo per i fiumi campani, tra cui c’è anche il Fiume Sarno come visto in questo periodo, ma anche di molti fiumi italiani. Tra questi c’è anche Fiume Sacco nel Lazio, un contratto di fiume che ha carattere nazionale.
Rita Ambrosino di Legambiente Anagni insieme ad Elisa Guerriero - Assessore nel Comune di Ceprano (Frosinone) ed ingegnere ambientale, hanno spiegato come mettere in atto il contratto di fiume è stato qualcosa di difficile. Qualcosa che necessita di tanto volontariato, vista la lacuna legislativa, e lavoro per portare avanti un lavoro che necessita di essere portato avanti per la salvaguardia del territorio.
Il Fiume Sacco è un fiume che come tanti fiumi, subisce tanto inquinamento. Tanti sversamenti che hanno portato a numerosi problemi. Non solo ha inquinato le acque, ma a seguito delle esondazioni, i materiali chimici rilasciati dalle numerose aziende nel fiume, hanno contaminato i numerosi terreni agricoli nelle vicinanze. Una contaminazione che oltre alle acque, sì prolunga anche con la presenza di numerose polveri sottili. Una situazione che ha portato il Fiume Sacco alla ribalta delle cronache.
Numerose associazioni, tra cui Legambiente, e la partecipazione di numerosi comuni del territorio laziale hanno messo in atto il processo per la cura del Fiume Sacco. Il comune capofila delle istanze e del Contratto del Fiume Sacco è stato il Comune di Ceprano che ha portato avanti il progetto, e ogni azione annessa, per salvaguardare un fiume che coinvolge numerosi comuni del territorio laziale e siti di interesse nazionale.
Contratti del Fiume Sacco, che risulta essere il progetto vincitore della Regione Lazio. Un progetto che attraverso un’indagine conoscitiva porterà ad avere un’analisi dei 90 km del Fiume Sacco. Ha l’obiettivo la scansione attraverso termocamere di tutta l’asta pluviale per individuare tutti gli scarichi che ad oggi non sono conosciuti. Si vuole migliorare le acque non solo su dati già conosciuti, ma bisogna andare alla ricerca di tutti quegli elementi delle criticità che pesano sul fiume. Una redazione di un database geo-referenziato di tutte le informazioni di attività presenti e gli elementi che interessano il bacino.
Grazie alle associazioni e volontari, tutto il lavoro che sino a questo momento è stato svolto è stato pubblicato sul sito www.contrattodifiumesacco.it. L’attività dei volontari vuole portare la popolazione a riscoprire il Fiume Sacco non solo per la sua presenza, ma anche per le sue criticità. Quindi attori locali e sovralocali sono chiamati a cambiare il modus operandi, portando tutti a rivivere un fiume Sacco come una volta e non come un fiume legato a tristi episodi.
Come detto l’inquinamento non riguarda solo il Fiume Sacco, ma anche il Fiume Sarno. Giorgio Zampetti, direttore nazionale Legambiente, ha spiegato come il tema dell’inquinamento è qualcosa di importante contro cui combattere. Un qualcosa che sfugge ai monitoraggi, all’osservazione costante, ma che causa numerosi problemi alle nostre acque. Un problema spesso vissuto dalle sole comunità locali e non a livello nazionale. Un problema che causa problemi alle attività agricole, ma anche ad aziende nuove che subiscono i comportamenti sbagliati del passato. I diversi scarichi industriali, rappresentano situazioni di inquinamento davvero pericolose e spesso non tenute sotto controllo, portando quindi a problemi pesanti ai corsi fluviali e non solo. Qualcosa che avviene nel fiume Sacco, ma anche nel Fiume Sarno. I contratti di Fiume, come avvenuto per il Fiume Sacco possono essere strumenti utili a salvaguardare il territorio.
Laura Saija (Ricercatrice DICAR - Università degli Studi di Catania, caso del contratto di fiume Simeto), ha spiegato come anche nella bella Sicilia i problemi legati all’inquinamento dei fiumi non è da meno. Grazie a tanta creatività, vista l’assenza dei contratti di fiume, sono state diverse le attività che hanno portato e stanno assicurando la difesa di questo fiume. L’attività della comunità sinetina, grazie all’intreccio di altri interessi, e combinando aspetti della protesta con momenti di felicità ha portato all’interesse verso qualcosa che sembrava quasi invisibile.
Antonio Crescenzo, Presidente del Parco del fiume Sarno), partner del Progetto CuriAmo, ViviAmo, PartecipiAmo il Sarno sostenuto dalla Fondazione CON IL SUD avente come capofila Legambiente – con ADIM Srl tra i partner - ha spiegato il lavoro che svolge insieme a tutte le altre associazioni e partner il lavoro per il fiume campano. L’attenzione di Crescenzo è quello di far sentire il corso d’acqua come un qualcosa di così naturale e proprio per aumentare l’attenzione e salvaguardia di un fiume, che sia Sacco o Sarno. Un contratto di Fiume, può essere una soluzione per far sì che i tratti fluviali possano avere la giusta attenzione. Attraverso la partecipazione al bando della Regione Campania, si punta alla salvaguardia un fiume e territorio martoriato dall’inquinamento.
Il lavoro che porta avanti il Parco del fiume Sarno è quello che un problema così difficile venga posto e portato avanti con la giusta conoscenza, ma anche con tutti gli strumenti necessari per affrontare queste cose così difficili. L’obiettivo dell’ente parco è quello di denunciare, ma anche quella di promuovere il territorio. Quest’ultima azione però, nonostante la ricchezza e bellezza del territorio, non può essere portata avanti a causa di un inquinamento, problema pesante che blocca quasi ogni azione di promozione.
Il contratto di fiume che insieme agli enti di settore che possono quindi essere una soluzione per la salvaguardia di questi tratti fluviali. Giancarlo Gusmaroli, direttore tecnico del Centro Italiano per la Riqualificazione Fluviale, ha spiegato come questo strumento possa essere utile a spingere e richiamare l’attenzione su casi come quelli del Fiume Sacco e Sarno. Sono troppe le attività contro i corsi fluviali e che contrastano il loro sviluppo. Solo portare raccogliere e richiamare l’attenzione su tutti i corsi fluviali, anche attraverso i contratti fluviali può portare a bloccare le attività sbagliate, sviluppare nuove idee e promuovere territorio importanti.
Mettere in evidenza il contratto di fiume, precisamente il suo carattere pedagogico, permette ad una comunità di crescere, diventando una comunità di Fiume. Situazione che porta a capire quanto sia importante questo elemento, per la riqualificazione di un fiume. Spesso però si pensa che la riqualificazione passi per la qualità delle acque. Solo se queste sono buone o meno. Come spiega Giancarlo Gusmaroli, la leva pedagogica deve far capire che ‘’si va al fiume anche quando il fiume e le acque di quest’ultimo non è bello, è ferito e sta male’’.
Si tratta di una metodologia che porta a far capire quanto sia importante quel tratto fluviale alla comunità che non deve perdere le attività prima di avviare una fase di riqualificazione delle acque e del territorio. Anche davanti al degrado, dev’essere importante seminare la volontà di voler cambiare passo. “Il contratto di fiume è un enzima, che partendo dai vari settori, inizia a portare il cambiamento. Se il contratto porta al tavolo persone per il cambiamento, l’importante è che non implementi società già presenti, ma apra a nuove suggestioni. Questo in Italia è riconosciuto dalla normativa nazionale: i contratti di fiume. A livelli nazionali, regionali e comunità possono portare a migliorare la natura evitando rischi e portando a numerosi vantaggi”, così ha concluso Gusmaroli.
Workshop Legambiente APPlichiamoci “La tecnologia al servizio della natura”: tecnologia e citizen science per avvicinare i cittadini
- Categoria: Informazione
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25 Mag 2020
- Pubblicato: Lunedì, 25 Maggio 2020 09:29
- Scritto da Editor
Si è svolto lo scorso 22 maggio il workshop Legambiente dal titolo APPlichiamoci “La tecnologia al servizio della natura”. Tecnologia e Citizen Science sono state le due parole chiavi di questo meeting che ha avuto come obiettivo quello di capire come la tecnologia e le numerose attività di Citizen Science possono essere utili alla biodiversità.
Il progetto Ornitho: la citizen science legata al birdwatching
Il primo progetto presentato nel corso di questo Workshop è stato quello del dott. Roberto Lardelli: Ornitologo- Presidente Ass. Ficedula / BirdLife Svizzera. Un progetto che ha come obiettivo di portare avanti la ‘Citizen Science’ per sensibilizzare tutti i cittadini sulla biodiversità e la conservazione ambientale.
Con il progetto Ornitho, ossia una piattaforma comune d’informazione di ornitologi e birdwatcher italiani e di molte associazioni ornitologiche nazionali e regionali, si è data la possibilità dello studio, la conservazione degli uccelli, il birdwatching e la loro promozione su tutto il territorio italiano e europeo.
Un progetto interessante, una ‘citizen science’ che ha visto la partecipazione di numerosi osservatori nel corso degli ultimi anni, che con i loro dati danno la possibilità non solo di mappare un determinato territorio, ma anche di aumentare la banca dati – questa raccoglie dati dal 1902 ad oggi – che può essere messa a servizio di tutti coloro che vogliono condurre degli studi.
iNaturalist, l’app per osservare e monitorare la biodiversità
Simile all’esperienza Ornitho, c’è il progetto di ARDEA presentato da Rosario Balestrieri Ornitologo e Presidente Ass. Ardea. Anche per la Campania, in particolare sul Fiume Sarno, ad esempio, c’è l’osservazione di numerose specie di uccelli che vivono il territorio e che purtroppo sempre più spesso incappano nell’inquinamento più totale. Grazie alla partecipazione di questa Citizen Science e all’ausilio della tecnologia che rende tutto più facile, tutti gli appassionati e non solo dell’ornitologia, possono dare il loro contributo utilizzando l’app iNaturalist.
Attraverso quest’app ogni osservazione può contribuire alla scienza della biodiversità. Attraverso una semplice foto, infatti, sarà possibile capire non solo quello che si sta osservando – dagli animali sino alla fauna – ma arricchire un ampio database scientifico come quello del Global Biodiversity Information Facility. L’obiettivo è quello di aiutare gli scienziati a trovare ed utilizzare questi dati. Tutto questo grazie alla partecipazione e la condivisione di dati con un semplice smartphone.
Le attività di Citizen Science targate Legambiente
Le esperienze di Citizen Science legate all’ausilio della tecnologia sono numerose e lo sa bene anche Legambiente. Tra le varie attività di Citizen Scienze proposte da Legambiente, come spiegato da Carmela De Vivo, Dott.ssa in Scienze ambientali c’è anche quella della Goletta dei Fiumi Campani. Un progetto che ha come obiettivo quello di monitorare lo stato dei maggiori fiumi della regione, tra cui anche il Fiume Sarno. Attraverso dei semplici passaggi, effettuati anche dai numerosi partecipanti all’attività, la dott.ssa De Vivo ha mostrato come è avvenuto il campionamento e l’analisi del fiume Sarno nel 2019, che hanno portato ad avere numerosi dati davvero interessanti per la salvaguardia del territorio.
Questa però non è l’unica attività di Citizen Science targata Legambiente. Infatti, come raccontato da Eva Barca, volontaria Legambiente vi sono state altri progetti svoltisi in Campania, che hanno portato ad avvicinare tante persone, soprattutto ragazzi ad attività per la tutela del territorio. Strumenti, conoscenza, partecipazione, scoperte e divertimento: così possono riassumersi molte delle attività di Citizen Science Legambiente che hanno portato numerosi cittadini a conoscere qualcosa di nuovo e di interessante.
Animali e non solo: le attività di monitoraggio di specie aliene
Animali e non solo. Diverse attività di monitoraggio e comprensione dei cambiamenti della biodiversità dovute a forme aliene sono state spiegate da Luciano Ventura di Legambiente Nazionale. Dagli insetti, passando per le piante, sino ad alcune specie di animali, Luciano Ventura ha spiegato come far conoscere quali sono le nuove tipologie di specie presenti e come influiscono molto spesso negativamente sul territorio può essere importante per tutelare il nostro ambiente.
Gaia Observer: la cittadinanza attiva a portata di smartphone
In chiusura è stata presentata anche l’app Legambiente dal nome Gaia Observer. Nata dal progetto ‘Volontario per natura’ che aveva l’obiettivo della cittadinanza attiva, Grazie a questa facile e semplice applicazione di monitoraggio ambientale, sarà possibile difendere la natura, segnalando con foto, testo e posizione eventuali discariche abusive, incendi, attività di bracconaggio e molto altro, agli Enti preposti alla difesa dell’ambiente. Un esempio di cittadinanza attiva anche a portata di smartphone.
Progetto CuriAmo, ViviAmo, PartecipiAmo il Sarno: Fiume Sacco protagonista del prossimo workshop
- Categoria: Informazione
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23 Mag 2020
- Pubblicato: Sabato, 23 Maggio 2020 12:21
- Scritto da Editor
Nuovo Workshop Legambiente in programma martedì 26 maggio. Sulla piattaforma di videoconferenze Zoom – ecco il link (https://forms.gle/HCDdVfn26MLWDW1Q7) per registrarsi entro il 26 maggio mattina - ci sarà il workshop intitolato Le comunità dei fiumi: racconti di esperienze, approcci e strumenti dal Sacco al Sarno. L’obiettivo di questo incontro – appartenente al Progetto CuriAmo, ViviAmo, PartecipiAmo il Sarno sostenuto dalla Fondazione CON IL SUD avente come capofila Legambiente – è quello di formare e sensibilizzare i partecipanti circa la salvaguardia del territorio del Fiume Sarno.
Grazie alla presenza dei diversi gruppi che operano sul Sarno (cittadini, attivisti, istituzioni, ecc.), si punta a creare un dialogo per coinvolgere e sensibilizzare i cittadini, facendo capire qual è la mission, ossia la salvaguardia del territorio.
Il workshop, che vedrà il racconto del Fiume Sacco - affetto da gravi problemi di inquinamento – è rivolto alle istituzioni e ai tecnici, con il quale si cercherà di ragionare sull'importanza del coinvolgimento dei cittadini. Oltre agli interventi spot sul Sarno, la presenza degli attori istituzionali che vorremmo sempre più incisivi sui fiumi campani, si punta anche ad un maggior coinvolgimento dei cittadini su questo problema.
Tema del dibattito saranno le alleanze al piano istituzionale. Per questo motivo, l’invito all’evento è proposto soprattutto ai presidenti dei parchi fluviali campani e gli amministratori interessati. L’incontro è moderato da Marilena Prisco, direttivo Legambiente Campania.
Programma del workshop “Le comunità dei fiumi: racconti di esperienze, approcci e strumenti dal Sacco al Sarno”:
Il caso del fiume Sacco (Lazio), Elisa Guerriero - Assessore nel Comune di Ceprano (Frosinone) ingegnere ambientale, coordinatrice del contratto di fiume Sacco e Rita Ambrosino - Legambiente Anagni
Tavola Rotonda. Partecipano Elisa Guerriero, Giorgio Zampetti (direttore nazionale Legambiente), Laura Saija (Ricercatrice DICAR - Università degli Studi di Catania, caso del contratto di fiume Simeto), Antonio Crescenzo (Presidente del Parco del fiume Sarno)
Coordina: Marilena Prisco, direttivo Legambiente Campania